di Israel Adam Shamir
dal sito www.israelshamir.net
traduzione di Gianluca Freda
Franco e Ciccio (oppure Stanlio e Ollio) potrebbero recitarlo alla perfezione:
– Gli Eletti hanno armi atomiche. Sono diventati nucleari!
– E che novità sarebbe? Israele ha centinaia di bombe atomiche da vent’anni a questa parte, secondo Vanunu, ma solo gli antisemiti ne fanno menzione.
– Scusa, non intendevo il Popolo Eletto, ma il Popolo che è “Eletto”; “Chosen”, cioè “eletto”, è il nome coreano della Corea del Nord.
– Quegli Eletti? Come osano sfidare la comunità internazionale! Da dove hanno preso questi “Eletti” l’idea di essere degli eletti?
Il riuscito test nucleare sotterraneo in Corea del Nord ha scatenato un’ondata enorme: un’ondata di ipocrisia, per la precisione. Il paese con l’arsenale nucleare di gran lunga più grande del mondo, il paese che ha già usato l’atomica contro la popolazione civile, gli USA, ha espresso il proprio sdegno. L’ambasciatore americano Susan Rice ha detto: “Gli Stati Uniti pensano che ciò rappresenti una grave violazione del diritto internazionale e una minaccia per la pace e la sicurezza regionale e internazionale; pertanto gli Stati Uniti adotteranno una dura risoluzione con misure altrettanto dure”. Secondo Rice non si tratterà di invasione, né di occupazione, né di aggressione, bensì di premunirsi contro una probabile invasione, occupazione e aggressione che violi il diritto internazionale. Non si è però curata di riportarci alla memoria un fatto caduto ormai nel dimenticatoio: per molti anni è stata proprio la Corea del Nord a chiedere che l’intera penisola coreana venisse trasformata in zona libera dalle armi nucleari, mentre sono stati gli USA che hanno insistito a piazzare le proprie armi atomiche sul portone della Corea del Nord.
La Corea del Nord, o “Chosen” nella sua lingua nazionale, è un paese di uomini e donne irriducibili. Persone forti, indipendenti, grandi lavoratori. La loro stretta di mano è una morsa d’acciaio. I loro nomi sono brevi, i loro cavoli [piatto tipico] sono di fuoco, il loro orgoglio nazionale è senza limiti. E per ottimi motivi: hanno combattuto contro gli USA durante la loro giovinezza e sono sopravvissuti al peggior massacro mai architettato dall’uomo. Pensate a Dresda, moltiplicatela per Gaza e aggiungete l’Iraq per avere un’idea di ciò che accadde in Corea negli anni ’50. Gli USA e i loro satrapi sganciarono su questo piccolo paese montuoso più bombe di quante ne avessero lanciate sulla Germania. Il generale Douglas Macarthur voleva usare l’atomica, ma Harry Truman lo fermò: non c’erano obiettivi degni dello spreco di un’arma nucleare, visto che ogni singola struttura di fabbricazione umana era già stata distrutta. La Guerra di Corea fu uno sterminio di massa a lettere maiuscole: milioni di coreani vennero uccisi, carbonizzati dal napalm, colpiti dalle armi da fuoco e giustiziati dagli americani e dai loro alleati. In qualsiasi villaggio coreano il tasso di mortalità poteva competere con quello di Auschwitz.
I coreani sopravvissero e ricostruirono il loro paese. Ma i massicci bombardamenti lasciarono una cicatrice indelebile sulla psicologia della nazione. Una nazione non sarà mai più la stessa dopo un bombardamento a tappeto, proprio come un individuo che abbia subìto uno stupro di gruppo. Solitamente si cade, per un’intera generazione, in un atteggiamento di totale sottomissione (ecco perché lo stupro di gruppo è il sistema utilizzato dai carcerieri per ottenere il controllo su un detenuto disobbediente): così fu per i serbi, così per i tedeschi, così per i giapponesi dopo essere stati sodomizzati dalle bombe americane. La sindrome post-traumatica coreana si concretizzò nell’isolamento, nella smisurata autostima e nella paura infinita di un nuovo attacco. Questa paura aveva solide basi nella realtà: le truppe e le basi militari americane occupano ancora il sud della penisola coreana. La Corea del Sud è ancora oggi tanto lontana dall’indipendenza quanto lo era prima della Seconda Guerra Mondiale, con la sola differenza che gli Stati Uniti hanno sostituito il Giappone nel ruolo di potenza coloniale.
Cosa più importante, gli Stati Uniti hanno condotto un’incessante guerra di sanzioni contro la Corea invitta e indipendente. Questa scrupolosa strategia di blocco economico è stata utilizzata con successo contro Iraq e Cuba e ora gli Stati Uniti pensano di sfruttarla contro l’Iran. Noam Chomsky ha dato una perfetta definizione della strategia americana: non arrenderti mai; continua a distruggere le nazioni finché non si sottomettono, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, inclusa la guerra economica. Chiunque rifiuti di arrendersi dovrà essere riportato all’età della pietra.
La Corea era pronta a smantellare i propri impianti nucleari, purché gli Stati Uniti ponessero fine alla guerra economica. Avevano firmato un accordo e chiuso i reattori, ma gli USA rinnegarono quell’accordo e ripresero le ostilità. L’America, come insegnano i suoi “Chicago boys”, è neoliberista fino al midollo e non può tollerare l’esistenza di uno stato socialista. La Corea non avrebbe mai permesso alle compagnie americane di controllare la sua economia, ed è per questo che gli USA e i loro satelliti continuarono a confiscare conti correnti della Corea e a interferire con le sue attività commerciali. I media dell’impero profusero grande impegno nel diffondere terribili racconti (in realtà leggende metropolitane anticomuniste rigurgitate dall’era McCarthy) sui poveri coreani che morivano di fame sotto il giogo comunista. Alla Corea non sarebbe stato consentito di vivere seguendo il proprio modello, quello comunista.
Quando il popolo della Corea del Sud espresse il desiderio di unirsi al Nord indipendente, la Corea del Sud fu ridotta alla fame dai Mammoniti, che architettarono la grande crisi delle tigri asiatiche del 1997. Tutto ciò che state sperimentando oggi, durante la crisi del 2009, i coreani del sud lo hanno già sperimentato dodici anni fa. La loro grande economia venne fatta a pezzi e svenduta a prezzo di noccioline dalle multinazionali. Tutto il lavoro compiuto in molti anni venne distrutto da George Soros e dai suoi colleghi. Allo stesso tempo, l’offensiva americana contro la Corea indipendente si intensificò.
Il presidente G. W. Bush (o meglio David Frum, che gli scriveva i discorsi) indicò la Corea, accanto a Iraq e Iran, come parte dell’Asse del Male. In tale situazione, i coreani fecero benissimo a dotarsi di un’arma di difesa definitiva. E la stessa cosa vale oggi per l’Iran. Un deterrente nucleare coreano e iraniano rappresenterebbe uno scudo difensivo per queste nazioni indipendenti.
La Corea non dorme sugli allori. Questo piccolo e lontano paese, debilitato dal blocco economico e dalle sanzioni, contribuisce ben oltre il dovuto alla più importante battaglia per la Palestina. I coreani, che hanno sofferto moltissimo per l’assedio imposto dagli americani, aiutano Gaza assediata e altri popoli confinanti con lo stato ebraico a dotarsi di armamenti. Non necessariamente armi nucleari: anche le armi convenzionali possono interferire con la totale libertà degli israeliani di ammazzare i palestinesi e di violare lo spazio aereo di Beirut e Damasco.
Usando come pretesto la questione nucleare, la lobby filoisraeliana ha fatto pressione per ottenere l’autorizzazione a perquisire ogni spedizione di merce coreana. Ha anche orchestrato una massiccia campagna mediatica, mettendo insieme anticomunisti e pacifisti impauriti dal nucleare contro la Corea socialista. Secondo questa propaganda, noi dovremmo essere terrorizzati dall’atomica coreana e supplicare Obama e Netanyahu di disarmare i ribelli.
Dio sa che io sono un uomo pacifico, ma non sono un pacifista. Le armi sono necessarie per difendere i popoli contro il terrorismo di stato israelo-americano. Un cosiddetto “pacifista” che appoggi i tentativi americani e israeliani di mantenere il monopolio sulle armi nucleari è solo, nel mio modo di vedere le cose, un altro sostenitore della macchina da guerra giudeo-americana. Se è in buona fede, allora che chieda prima di tutto il disarmo al Popolo Eletto d’Israele e all’America, rimandando il confronto con il popolo eletto di Corea e con gli iraniani a quando le installazioni di Dimona saranno state smantellate e le atomiche americane trasformate in aratri.
La lotta della Corea per l’indipendenza nucleare è di estrema importanza per il Medio Oriente e soprattutto per il progetto nucleare iraniano. E’ vero che l’Iran non è alla ricerca di applicazioni militari per la sua industria nucleare, accontentandosi di ottenere energia in modo pacifico. In ogni caso, gli interessi giudeo-americani vogliono trasformare la Corea del Nord in un monito per l’Iran. Vogliono fare qualcosa di brutto alla non troppo rilevante Corea, in modo da ottenere che l’Iran si rimetta in riga.
Obama potrebbe sistemare le cose con la Corea al prezzo, piuttosto ragionevole, di smetterla di interferire con la sua vita. Firmare un trattato di pace, porre fine alle minacce, eliminare le sanzioni, interrompere la campagna di odio. I coreani ripagherebbero la normalizzazione dei loro rapporti con gli USA rinunciando alle installazioni nucleari. Ma questo non spaventerebbe né convincerebbe l’Iran. Perciò Obama potrebbe optare per un’azione violenta, incluso un blocco navale, così che un Iran debitamente impressionato si rassegni a chiudere i suoi reattori.
Sarebbe un vero peccato. Un peccato per i coreani, che meritano, come chiunque altro, di vivere le proprie vite come più gli aggrada. Un peccato per i nemici della Corea, perché i coreani non sono facili da sconfiggere. E un peccato per il Medio Oriente, che ha un disperato bisogno di un Iran dotato di capacità di deterrenza nucleare.
I media israeliani hanno pubblicato un sondaggio secondo il quale “circa il 23 per cento degli israeliani prenderebbero in considerazione l’idea di abbandonare il paese se l’Iran si dotasse di armi nucleari”. L’idea è quella di spingere gli Stati Uniti e l’Europa verso una frenesia di azioni anti-iraniane, visto che a nessun paese piacerebbe dover assorbire due milioni di rifugiati israeliani. E’ questa la segreta Arma del Giudizio della propaganda sionista: se messi alle strette, ce ne torneremo nei vostri paesi e questo non vi piacerà. Tuttavia, le parti scritte in piccolo di questo sondaggio rivelano che la paura dell’Iran è diffusa soprattutto tra gli israeliani suggestionabili, il 39 per cento delle donne contro il 22 per cento degli uomini. Si sono semplicemente bevuti la propaganda del loro governo, tutta d’un fiato e senza respirare.
Paradossalmente, per noi israeliani un Iran nucleare rappresenta una speranza di pace, non una minaccia alla pace. Il rischio più grave che corriamo sta nell’atteggiamento aggressivo dei nostri generali e dei nostri politici. Essi hanno già provocato una quantità di guerre non necessarie, attaccando il Libano, la Siria, i palestinesi. C’è bisogno di un contrappeso, di un grande e potente stato che tenga i nostri falchi sotto controllo. Da quando l’Iraq è stato soggiogato dall’esercito americano e l’Egitto da manovre politiche, i generali israeliani sono andati in guerra ogni due anni. Solo un Iran nucleare potrebbe tenere a freno i guerrafondai israeliani e costringere Israele a fare progressi nel processo di pace.
Nessun esperto israeliano che sia sano di mente, nemmeno il falco più radicale, può ritenere che un Iran nucleare rappresenterebbe un pericolo o una minaccia per Israele. Israele è troppo potente, perfettamente in grado di rispondere con un mortale secondo attacco. Ma questa oltraggiosa libertà d’azione che piace tanto ai militari israeliani avrebbe fine, e ciò sarebbe un bene.
L’equilibrio del terrore o MAD (mutual assured destruction) è ancora l’unico sistema per controbattere la minaccia israelo-americana. Fu questa la ragione del martirio di Julius ed Ethel Rosenberg: aiutando l’URSS a realizzare una propria bomba nucleare salvarono innumerevoli milioni di persone da una morte orribile, seppure al prezzo della loro vita.
Link: http://blogghete.blog.dada.net/post/1207093340/LA+VOCE+DI+SARUMAN#more