
Un anno fa la Edizioni Willoworld pubblicò il libro All work and no play makes Jack a dull boy, una provocazione o genialità che voleva far riflettere sul futuro dell’editoria con l’avvento dei servizi di autopubblicazione on-line. Il libro, che era anche un omaggio al personaggio di Jack Torrance del romanzo e film Shining, riportava la frase “All work and no play makes Jack a dull boy” per 666 volte nelle cinque lingue in cui avvenne il doppiaggio del film, riempiendo così più di 180 pagine di parole senza senso. La mia riflessione verteva sul fatto che oggi chiunque è in grado di pubblicare un libro, e il mercato dell’editoria avrebbe dovuto fare i conti con questo nuovo fenomeno autocelebrativo.
Un mese dopo un artista newyorkese se ne venne fuori con un simile progetto e ne parlò anche il Guardian. Qualcuno elogiò il signor Buelher e feci presente al giornale inglese che willoworld.net lo aveva anticipato di un mese abbondante sui tempi. Nessuno però si fece sentire… (leggi gli articoli 1 e 2)
Ma le provocazioni non sono finite. Oggi la EW propone isofromateM aL, ovvero “La Metamorfosi” di Franz Kafka all’incontrario. Che asmaS rogerG abbia subito l’ennesima metamorfosi? Può darsi, d’altronde sono passati quasi cento anni dalla sua prima apparizione. Era il 1915 quando lo scrittore boemo dava alla luce la sua opera più acclamata, e da allora ne é passata di acqua sotto i ponti. Ma nonostante il secolo che ci separa dalla nascita di questo strano personaggio-insetto (e 85 anni dalla morte del suo creatore) ci è ancora proibito, a causa del copyright sulle traduzioni, accedere liberamente al testo che racconta la sua storia. È mai possibile, dico io?
Il sistema di mercato nel quale abbiamo avuto la fortuna e sfortuna di crescere ha completamente stravolto il nostro modo di percepire il significato di un potente gesto comunicativo, che sia arte o semplice informazione. Il fine primo é quello di raggiungere più riceventi possibile. Immaginate cosa avrebbero pensato i grandi artisti del passato di una società in cui l’informazione è merce ed è accessibile solo sotto pagamento, nonostante la tecnologia ci permetta di distribuire il messaggio a tutto il mondo. Quanto ancora potrà andare avanti questa sciarada che la gente chiama copyright?
Milioni di persone condividono quotidianamente informazione attraverso la rete. Il desiderio di condivisione è decisamente più dirompente di quello di preservazione per gli interessi dei pochi eletti. Se davvero vogliamo parlare di democrazia, i dati che abbiamo sono molto esaustivi: la maggioranza vuole partecipare al processo di scambio dell’informazione, liberamente.
Dall’avvento di internet e dei primi peer-to-peer ci stanno dicendo che condividere è uguale a rubare. Questa è una violenza mentale perpetuata anche a danno dei nostri figli, che crescono pensando che la cosa più meravigliosa che le persone possano fare, e cioè quella di scambiarsi cose, idee, pensieri e sensazioni, sia sbagliata. Condividere significa arricchire il prossimo, e non esiste cosa più nobile. La vendita di un prodotto è qualcosa di completamente diverso dall’acquisizione di un’informazione digitale attraverso la rete. La merce è solamente il prodotto, non l’informazione da esso contenuta.
isofromateM aL sfida le lobby che difendono il copyright. Oggi non abbiamo più bisogno di questa licenza. È servita a proteggere i lavori degli artisti in passato, ma nell’era di Internet 3.0. questa legge é un dinosauro. Servono licenze più flessibili e dinamiche, come il creative commons ad esempio. Questo libro non viola la legge sul copyright perché è semplicemente un’accozzaglia di parole insensate…
…ma se copiate il testo e lo fate procedere in un programmino che ribalta le parole come questo qui…
…e questo giochino potrebbe essere fatto con tutti i testi, no?
L’editoria cartacea ha i giorni contati. Anche io sono un nostalgico della carta ma di sicuro non lo saranno le nuove generazioni. Nell’ultimo anno gli e-book reader hanno subito un calo di prezzi del 30%. Tra breve saranno accessibili come i lettori mp3 e i testi di qualsiasi libro reperibili più o meno legalmente in rete. Che senso ha questo accanimento terapeutico sul copyright? La gente è pronta a dare e ricevere. Non pensate che sia davvero un bel segno? Una speranza?
GM Willo – Ottobre 2009