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MA NON SI DOVEVA GIOCARE?

Pubblicato: 2 febbraio 2011 da Willoworld in GIOCHI
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La serata è una di quelle dei fine settimana autunnali, troppo fredda per rimanersene sui motorini a chiacchierare, troppo lunga per sgommare e prendere la via di casa. L’intenzione è quella di giocare al vecchio D&D, un’avventura improvvisata del solito Master, che come un prestidigitatore è capace come pochi di estrarre dal suo cilindro una confezione gran formato di emozioni all’ultimo tiro di dado. Tutti sono d’accordo, ma ancora nessuno ha tirato fuori i dadi e le schede. Si rimane sulle sedie, coi giubbotti addosso perché nella cantinetta adibita a sala gioco fa un po’ freddo, e con le birre rigorosamente in mano.

Tra un sorso e l’altro, escono fuori i soliti quesiti di gioco…. “Ma secondo voi, un chierico legale, nonostante gli sia vietato usare Fear, sa come tirare l’incantesimo? Cioè, voglio dire, se è in pericolo di vita, può provare a tirarlo per poi cercare di redimersi col suo dio?”
“Beh, teoricamente potrebbe, ma come Master non lo consentirei.”
“Che poi la questione dell’allineamento è totalmente soggettiva, non vi pare?”
“Soggettiva un corno! Le regole son quelle…”
“Ma dai!”

Intanto il Master ha tirato fuori lo screen. È un buon segno… Vuol dire che stiamo per incominciare. Ma nel frattempo due del gruppo hanno già finito le loro bottiglie da 66cl, e cercano famelicamente con gli occhi le buste della scorta. Un rutto rompe il silenzio, qualcuno accende un cicchino, il Master scribacchia dietro l’immagine di un drago e intanto sono già le dieci di sera.

“Boia, ma quante birre avete portato stasera?”
“Meglio, no? Di solito a quest’ora son quasi finite…”
“Eh si, ma così col cavolo che giochiamo…”
“Perché?”
E intanto, con l’aiuto di un cacciavite, vengono aperte altre due Splugen da tre quarti.
“Guarda che hanno i tappi a vite.”
“Cosa?”
“I tappi… ce li hanno a vite.”
“Ah… figo…”

Finalmente il Master alza il capo e guarda noi giocatori riuniti attorno al tavolo. Schiarendosi la voce, annuncia: “Allora ragazzi, vogliamo iniziare?”
“Era l’ora…” esordisce uno del gruppo, estraendo da una borsa un pacco di schede ripiegate, legate insieme da un laccio di cuoio. Qualcuno apre i propri sacchetti di dadi e li fa ruzzolare sul tavolo. Il tavolo è un campo da battaglia su cui sono disseminati graffiti, intagli e bruciature di sigarette.

“Posso giocare il mio nano chierico, quello con l’artefatto di Godrin?”
“Eh no. Ti ho detto che partiamo dal quarto livello…”
“Vabbé, gli impongo di contenersi…”
“NO!!”
“Va bene… Allora vengo con l’elfo scuro, quello del terzo… ok?”
“È un’avventura per una compagnia legale. Posso consentire dei neutral, ma non dei caotici…”
“Cavolo, non è possibile…”

In quel momento il rombo di una Speed Triple annuncia l’arrivo del ritardatario di turno. “Se non ha portato le birre non farlo entrare, ti prego…”
“Come se non bastassero…”
“Ciao ragazzi, avete già incominciato?” domanda un’ombra con il casco ed un sacchetto del discount in mano contenente altre quattro bottiglie da 66.
“Ottimo, la birra fatta coi calzini sudici!!” commenta uno, strappando dalle mani del nuovo arrivato la refurtiva.
“Insomma ragazzi, ma non si doveva giocare?” chiede un altro, leggermente stizzito.
“Si, certo… si doveva…”

Leggi anche: Mamma non preoccuparti mamma, la serata la passo col mio amico Cthulhu…

Fonte: Storie di Ruolo

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Come facevamo a far capire ai nostri genitori che cosa combinavamo negli scantinati fino alle prime luci del mattino? Chi di noi non ha mai fatto i conti almeno una volta, durante la nostra bizzarra adolescenza di giocatori di ruolo, con gli sguardi perplessi dei propri vecchi e con le loro più che lecite domande?
“Ma cosa fate rinchiusi lì dentro?”
“Cosa sono tutti questi libri pieni di mostri?”
“Ma alla vostra età siete sempre a giocare?”
“Non è che vi drogate?”

Su quest’ultimo punto si potrebbe aprire una parentesi lunga e compromettente, ma non è quello che mi preme dire in questo post… Sono passati vent’anni e adesso molti di noi si trovano dalla parte opposta di quel difficile confronto. Sicuramente oggi se i nostri figli ci venissero a chiedere di poter usare il salotto per una partita di D&D noi non solo li spolvereremmo le sedie, ma ci fionderemmo a sedere con i dadi in mano.

Ma i tempi sono cambiati. L’approccio al GDR oggi avviene principalmente attraverso i videogames e chissà cosa ci aspetta nei prossimi anni. Forse mi ritroverò anch’io a guardare perplesso i miei figli mentre, prima di un assurdo tuffo cibernetico, mi rassicureranno con una frase del tipo “…tranquillo papi, la serata la passo in chat con il mio amico Cthulhu…”

È anche vero che alcuni dei nostri genitori riconoscevano che era più sicuro per noi rimanercene a giocare in cantina o in salotto fino al mattino, che sballarsi in discoteca come facevano tutti gli altri nostri coetanei. Rimanevano però fuori alcuni dubbi imbarazzanti… “…ma quel figliolo non avrà mica dei problemi, magari è un po’ indietro, o forse… gay… o no, è la droga, certo, sempre lei…”

Gli eventi acquistavano anche una certa comicità quando a volte i nostri vecchi ci sentivano parlare di roba di gioco.
“Ma lo sai che ieri il master c’ha fatto trovare due spade magiche e un mucchio di monete. Siamo anche passati di livello… però per poco quei non morti non ci facevano secchi…”
A questo punto il padre poteva venirsene fuori con una battuta sarcastica mentre la madre ti riprendeva con voce preoccupata dicendoti “Ma che storie che sono queste…?”

Il tavolo, i dadi e quella manciata di amici di gioco si sono rivelati gli ingredienti fondamentali di una vita passata a fantasticare e a creare. Nessuna scuola poteva insegnarci le cose che il GDR ci ha insegnato. Passavamo le serate insieme al Drago oppure a Cthulhu, ed era davvero il modo più gratificante e sicuro di viaggiare.

Se qualcuno ricorda un episodio carino, magari anche divertente, sulle considerazioni e sui comportamenti dei propri genitori a proposito del GDR, invito a riportarlo più sotto nei commenti del post originale che si trova a questo link.

Girando per la rete ho trovato un video da vero bello, da un casuale incontro sui nostri ben amati Lungarni, si trova una testimonianza lucida, e vissuta di un vecchio Partigiano.
Espresso il pensiero in un simpatico dialetto Fiorentino, un partigiano racconta il passato e analizza il presente, iniziate a guardarlo sono sicuro che non potrete che arrivare fino alla fine.
Bellissima la grinta e la chiarezza con cui esibisce le sue idee, io non entro inmerito se siano condivisibili o meno, ma una cosa la vedo chiaramente, Un tempo gli Italiani erano questi, la voglia il temperamento, erano questi, non un Branco di adolescenti Emo tutti uguali con il Ciuffetto da Finocchio alla TokyoHotel, o un branco di Boccaloni davanti alle parole del Re di Moria.
W l’ italia w gli Italiani, perlomeno quelli che mantengono questo temperamento di Attivita’.

da Cainos e’ tutto i lie i Cheat i Steal