THE PATROLMAN: Capitolo 3

Pubblicato: 1 aprile 2010 da Willoworld in NARRATIVA
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Il giorno dopo il sole splendeva radioso su Rock City, l’asfalto degli enormi Boulevard ribolliva in quella calda mattina di maggio ed io mi sentivo fresco come una rosa nonostante la nottata passata sulla poltrona. Dell’incontro con le tre ombre ricordavo soltanto fino ad un certo punto, ma una parola continuava a ronzarmi in testa: Il Piano!
Guidavo senza fretta su La Brea passando attraverso zone malfamate e quartieri benestanti. Una della cose interessanti di R.C. è che a distanza di pochi metri puoi incontrare il barbone che razzola nei cassonetti e il vecchio Johnny Cash, vestito di nero con la sua inseparabile chitarra a tracolla. Dopo l’arresto e la detenzione a Folsom Prison il vecchio Johnny si era rimesso proprio in sesto, non c’era alcun dubbio.
Sulla strada principale erano già all’opera i saltimbanchi che intrattenevano gli innumerevoli turisti accorsi per visitare la più grande parata di stelle mai vista sulla faccia della Terra! Questi sono gli Stati Uniti: se vuoi fare affari devi andare a New York, ma per il divertimento Rock City batte tutti! Las Vegas non è male, devo ammetterlo, con le sue luci ed i suoi effetti ottici; San Francisco è da sballo, nel vero senso del termine e forse in questi anni sta sfornando i migliori poeti e musicisti in circolazione, ma tutto sommato sono dei folli che vivono in una città folle. Rock City è tutta un’altra cosa, è divertimento allo stato puro, sballo reale, amplesso… per chi può permetterselo!
Perso in questi pensieri non mi ero accorto che si era fatta l’ora di pranzo, l’ennesimo pranzo a base di hamburger e patatine fritte, solo come un cane randagio. Mi fermai ad uno di quei nuovi fast food, quelli con l’enorme M gialla sulla facciata ed ordinai un Cheseburger ed una Dr. Pepper. Nel locale non c’era moltissima gente, meno che mai qualche pollastra per attaccare bottone; appena finito mi avviai verso l’uscita ed incrociai quattro ragazzi che, vedendo la mia divisa sputarono quasi contemporaneamente per terra. Appena fuori dal locale sentii improvvisamente un forte giramento di testa, mi appoggiai alla macchina ed iniziai a vedere tutto in bianco e nero. Inizialmente non capii cosa stava succedendo, c’era qualcosa che non andava intorno a me ma non riuscivo a capire cosa. Ebbi forti brividi appena realizzai che il Sunset era completamente deserto: quella che prima era stata una strada affollatissima di macchine e persone, improvvisamente appariva come il Sonora! Un silenzio irreale mi faceva fischiare le orecchie e soltanto alcune folate di vento si potevano percepire ad intervalli regolari; nell’aria di nuovo quell’odore di Marsiglia.
– “Joe, hey Joe!”
– “Sai chi erano quelli Joe?”
Scossi il capo, le voci, le ombre… mi tornò subito in mente la notte precedente, le tre ombre…
-“Quelli sono i messicani che hanno mandato il ragazzino a spararti”
-“Il Piano Joe, il Piano!”
Persi i sensi e mi risvegliai molto tempo dopo sulla mia macchina, la testa indolenzita appoggiata al volante. In realtà l’orologio segnava sempre le 2 del pomeriggio, l’ora in cui ero uscito da quel luridissimo Mac incrociando i quattro balordi. Per quel giorno decisi di imboscarmi fino alla fine del turno, cercando di riflettere su quanto mi era nuovamente accaduto, anche se non riuscii a darmi alcuna spiegazione.
Mentre gironzolavo per le Hills sentii il segnale di chiamata via radio, accesi e rimasi in ascolto… inchiodai rischiando di farmi tamponare, il cuore che mi batteva a centomila, il terrore improvvisamente si impadronì di me.
Codice 1: in un fast food sul Sunset erano stati rinvenuti i cadaveri di quattro membri di una gang messicana, tre decapitati da colpi di fucile a pallettoni, il quarto, che probabilmente aveva tentato di scappare, con la testa completamente carbonizzata sulla piastra degli hamburger. Inspiegabilmente, vista l’ora presunta della strage, nessuno era passato di lì ed il personale del ristorante, forse per lo shock, pareva colto da grave amnesia.
Accesi sirena e lampeggianti e cominciai a correre… (continua domani)

Massimo Mangani – Leggi gli altri capitoli

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