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Documentario importante assolutamente da vedere di Al Jazeera su Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano recentemente scomparso in Palestina. Il documentario è interemante narrato da Arrigoni in italiano, sottotitolato in inglese.

Altri documentari consigliati dai Silenti.

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Ho volutamente fatto passare un po’ di tempo prima di scrivere queste due righe. In realtà ancora adesso non so perché le scrivo… forse perché ne sento il bisogno, e quando si sente il bisogno di fare certe cose, non si sbaglia mai.

Ho iniziato a seguire il blog di Arrigoni un annetto fa, ma solo ultimamente mi sono interessato da vicino al suo impegno in Palestina. Da circa un mese ricevevo regolarmente gli aggiornamenti della sua pagina su Facebook, un flusso inesauribile di notizie scomode dalla striscia di Gaza, un diario fatto sempre di parole tristi ma pacate, che riuscivano a trasmettere la rabbia per le ingiustizie perpetrate ma mai l’odio. Era questa la cosa che mi ha impressionato fin dall’inizio di questo ragazzo che non ho mai conosciuto ma che, seguendolo, mi è sembrato quasi di conoscerlo. (altro…)

VIK ARRIGONI

Pubblicato: 15 aprile 2011 da Willoworld in GUERRA, PERSONAGGI, RIFLESSIONI
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di Paolo Barnard

L’ho conosciuto e l’ho abbracciato, dopo aver visto i suoi filmati di Gaza una sera a Ferrara. In quelle immagini, lui e altri ragazzi dell’International Solidarity Movement ponevano i loro corpi come scudo a protezione di contadini palestinesi alla fame che tentavano di raccogliere cicoria, mentre i militari israeliani sparavano ad altezza d’uomo su quei poveracci per impedirgli persino di sfamarsi. In quelle immagini Vik Arrigoni era un eroe, e questo io so di lui. (altro…)

Purtroppo non credo che questo ultimo appello degli Adbusters riuscirà per davvero a fare implodere il social network più imponente del pianeta, ma è interessante notare come un nuovo e pandemico sentimento di antipatia verso Facebook stia maturando tra gli internauti. Non sono solo gli Adbuster a preannunciare, forse con un po’ di ingenuità, il collasso del colosso di Zuckerberg. Molti esperti in social network e social media sono abbastanza sicuri che nel giro di un paio di anni Facebook non dominerà più la rete.

Dal sito http://www.adbusters.org

Da quando Facebook è diventato un elemento indispensabile della nostra vita, c’è stato un crescente senso di presagio che qualcosa non andasse per il verso giusto, la premonizione che alla fine avremmo sentito il bisogno di rompere qualsiasi rapporto con il sito. (altro…)

A DUE ANNI DALLA STRAGE DI GAZA

Pubblicato: 27 dicembre 2010 da Willoworld in GUERRA, POLITICA, STRAGI
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Esiste un luogocomune che aleggia come un angelo della morte sopra la tragica vicenda della Palestina. Non sono un esperto in materia, ma negli ultimi anni ho avuto modo di farmi un’idea più chiara di quello che effettivamente sta succedendo in Terra Santa. Anche io, come la maggior parte degli occidentali, prendevo per buona la tesi che le resposabilità del conflitto Israelo-Palestinese erano da ricercare in entrambe le fazioni, una deduzione suggerita dai media e alla quale ci si può abbandonare facilmente, senza avere troppi problemi di coscenza. Le cose però non sono mai come i grandi media ci raccontano.

Invito perciò tutti coloro che ancora sono ipnotizzati da questo luogocomune ad indagare più a fondo, usando la rete con accortezza, dato che è risaputo che il governo israeliano ha sul suo libro paga un numero considerevole di “soldati dello spam pro-israele” che lavorano ininterrottamente commentando sui forum di discussione, su youtube e sugli altri social network.

L’anniversario dei due anni dell’operazione Piombo Fuso, in cui persero la vita 1203 palestinesi (di cui 410 bambini) e 13 israeliani, passa come al solito in sordina sui grandi network, La Repubblica in primis, giornale che ha sempre vergognosamente difeso Israele. Noi lo ricordiamo con questo slideshow da brividi, sconsigliato ai più impressionabili.

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GAZA RISPONDE A ROBERTO SAVIANO

Pubblicato: 14 ottobre 2010 da Willoworld in GUERRA, PERSONAGGI, POLITICA, STRAGI
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Difficile e forse superfluo commentare i recenti eventi nelle acque vicino Gaza. Ci sono centinaia di voci nel web che ne sanno molto più di me. Vorrei però con queste poche righe dimostrare il mio sostegno nei confronti dei parenti degli attivisti morti e di quelli feriti e maltrattati dall’esercito israeliano. La storia si ripete. Le ingiustizie si susseguono davanti agli occhi di tutti e nessuno fa nulla. Il video circolato in rete (per sbaglio) ieri dovrebbe domostrare ormai senza più ombra di dubbio la follia nella quale questo popolo è precipitato. Con tutte le atomiche che c’hanno sotto il culo c’è da dormire poco tranquilli… Mah, facciamoci due risate strette strette con Latuff.

DUE SULL’IRAN DI LATUFF

Pubblicato: 12 marzo 2010 da Willoworld in FUMETTI, GUERRA, HUMUR
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FONTE: http://latuff2.deviantart.com/

FONTE: http://latuff2.deviantart.com/

ATOMICHE ELETTE

Pubblicato: 5 giugno 2009 da Willoworld in POLITICA, RIFLESSIONI
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di Israel Adam Shamir

dal sito www.israelshamir.net

traduzione di Gianluca Freda

Franco e Ciccio (oppure Stanlio e Ollio) potrebbero recitarlo alla perfezione:

– Gli Eletti hanno armi atomiche. Sono diventati nucleari!

– E che novità sarebbe? Israele ha centinaia di bombe atomiche da vent’anni a questa parte, secondo Vanunu, ma solo gli antisemiti ne fanno menzione.

– Scusa, non intendevo il Popolo Eletto, ma il Popolo che è “Eletto”; “Chosen”, cioè “eletto”, è il nome coreano della Corea del Nord.

– Quegli Eletti? Come osano sfidare la comunità internazionale! Da dove hanno preso questi “Eletti” l’idea di essere degli eletti?

Il riuscito test nucleare sotterraneo in Corea del Nord ha scatenato un’ondata enorme: un’ondata di ipocrisia, per la precisione. Il paese con l’arsenale nucleare di gran lunga più grande del mondo, il paese che ha già usato l’atomica contro la popolazione civile, gli USA, ha espresso il proprio sdegno. L’ambasciatore americano Susan Rice ha detto: “Gli Stati Uniti pensano che ciò rappresenti una grave violazione del diritto internazionale e una minaccia per la pace e la sicurezza regionale e internazionale; pertanto gli Stati Uniti adotteranno una dura risoluzione con misure altrettanto dure”. Secondo Rice non si tratterà di invasione, né di occupazione, né di aggressione, bensì di premunirsi contro una probabile invasione, occupazione e aggressione che violi il diritto internazionale. Non si è però curata di riportarci alla memoria un fatto caduto ormai nel dimenticatoio: per molti anni è stata proprio la Corea del Nord a chiedere che l’intera penisola coreana venisse trasformata in zona libera dalle armi nucleari, mentre sono stati gli USA che hanno insistito a piazzare le proprie armi atomiche sul portone della Corea del Nord.

La Corea del Nord, o “Chosen” nella sua lingua nazionale, è un paese di uomini e donne irriducibili. Persone forti, indipendenti, grandi lavoratori. La loro stretta di mano è una morsa d’acciaio. I loro nomi sono brevi, i loro cavoli [piatto tipico] sono di fuoco, il loro orgoglio nazionale è senza limiti. E per ottimi motivi: hanno combattuto contro gli USA durante la loro giovinezza e sono sopravvissuti al peggior massacro mai architettato dall’uomo. Pensate a Dresda, moltiplicatela per Gaza e aggiungete l’Iraq per avere un’idea di ciò che accadde in Corea negli anni ’50. Gli USA e i loro satrapi sganciarono su questo piccolo paese montuoso più bombe di quante ne avessero lanciate sulla Germania. Il generale Douglas Macarthur voleva usare l’atomica, ma Harry Truman lo fermò: non c’erano obiettivi degni dello spreco di un’arma nucleare, visto che ogni singola struttura di fabbricazione umana era già stata distrutta. La Guerra di Corea fu uno sterminio di massa a lettere maiuscole: milioni di coreani vennero uccisi, carbonizzati dal napalm, colpiti dalle armi da fuoco e giustiziati dagli americani e dai loro alleati. In qualsiasi villaggio coreano il tasso di mortalità poteva competere con quello di Auschwitz.

I coreani sopravvissero e ricostruirono il loro paese. Ma i massicci bombardamenti lasciarono una cicatrice indelebile sulla psicologia della nazione. Una nazione non sarà mai più la stessa dopo un bombardamento a tappeto, proprio come un individuo che abbia subìto uno stupro di gruppo. Solitamente si cade, per un’intera generazione, in un atteggiamento di totale sottomissione (ecco perché lo stupro di gruppo è il sistema utilizzato dai carcerieri per ottenere il controllo su un detenuto disobbediente): così fu per i serbi, così per i tedeschi, così per i giapponesi dopo essere stati sodomizzati dalle bombe americane. La sindrome post-traumatica coreana si concretizzò nell’isolamento, nella smisurata autostima e nella paura infinita di un nuovo attacco. Questa paura aveva solide basi nella realtà: le truppe e le basi militari americane occupano ancora il sud della penisola coreana. La Corea del Sud è ancora oggi tanto lontana dall’indipendenza quanto lo era prima della Seconda Guerra Mondiale, con la sola differenza che gli Stati Uniti hanno sostituito il Giappone nel ruolo di potenza coloniale.

Cosa più importante, gli Stati Uniti hanno condotto un’incessante guerra di sanzioni contro la Corea invitta e indipendente. Questa scrupolosa strategia di blocco economico è stata utilizzata con successo contro Iraq e Cuba e ora gli Stati Uniti pensano di sfruttarla contro l’Iran. Noam Chomsky ha dato una perfetta definizione della strategia americana: non arrenderti mai; continua a distruggere le nazioni finché non si sottomettono, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, inclusa la guerra economica. Chiunque rifiuti di arrendersi dovrà essere riportato all’età della pietra.

La Corea era pronta a smantellare i propri impianti nucleari, purché gli Stati Uniti ponessero fine alla guerra economica. Avevano firmato un accordo e chiuso i reattori, ma gli USA rinnegarono quell’accordo e ripresero le ostilità. L’America, come insegnano i suoi “Chicago boys”, è neoliberista fino al midollo e non può tollerare l’esistenza di uno stato socialista. La Corea non avrebbe mai permesso alle compagnie americane di controllare la sua economia, ed è per questo che gli USA e i loro satelliti continuarono a confiscare conti correnti della Corea e a interferire con le sue attività commerciali. I media dell’impero profusero grande impegno nel diffondere terribili racconti (in realtà leggende metropolitane anticomuniste rigurgitate dall’era McCarthy) sui poveri coreani che morivano di fame sotto il giogo comunista. Alla Corea non sarebbe stato consentito di vivere seguendo il proprio modello, quello comunista.

Quando il popolo della Corea del Sud espresse il desiderio di unirsi al Nord indipendente, la Corea del Sud fu ridotta alla fame dai Mammoniti, che architettarono la grande crisi delle tigri asiatiche del 1997. Tutto ciò che state sperimentando oggi, durante la crisi del 2009, i coreani del sud lo hanno già sperimentato dodici anni fa. La loro grande economia venne fatta a pezzi e svenduta a prezzo di noccioline dalle multinazionali. Tutto il lavoro compiuto in molti anni venne distrutto da George Soros e dai suoi colleghi. Allo stesso tempo, l’offensiva americana contro la Corea indipendente si intensificò.

Il presidente G. W. Bush (o meglio David Frum, che gli scriveva i discorsi) indicò la Corea, accanto a Iraq e Iran, come parte dell’Asse del Male. In tale situazione, i coreani fecero benissimo a dotarsi di un’arma di difesa definitiva. E la stessa cosa vale oggi per l’Iran. Un deterrente nucleare coreano e iraniano rappresenterebbe uno scudo difensivo per queste nazioni indipendenti.

La Corea non dorme sugli allori. Questo piccolo e lontano paese, debilitato dal blocco economico e dalle sanzioni, contribuisce ben oltre il dovuto alla più importante battaglia per la Palestina. I coreani, che hanno sofferto moltissimo per l’assedio imposto dagli americani, aiutano Gaza assediata e altri popoli confinanti con lo stato ebraico a dotarsi di armamenti. Non necessariamente armi nucleari: anche le armi convenzionali possono interferire con la totale libertà degli israeliani di ammazzare i palestinesi e di violare lo spazio aereo di Beirut e Damasco.

Usando come pretesto la questione nucleare, la lobby filoisraeliana ha fatto pressione per ottenere l’autorizzazione a perquisire ogni spedizione di merce coreana. Ha anche orchestrato una massiccia campagna mediatica, mettendo insieme anticomunisti e pacifisti impauriti dal nucleare contro la Corea socialista. Secondo questa propaganda, noi dovremmo essere terrorizzati dall’atomica coreana e supplicare Obama e Netanyahu di disarmare i ribelli.

Dio sa che io sono un uomo pacifico, ma non sono un pacifista. Le armi sono necessarie per difendere i popoli contro il terrorismo di stato israelo-americano. Un cosiddetto “pacifista” che appoggi i tentativi americani e israeliani di mantenere il monopolio sulle armi nucleari è solo, nel mio modo di vedere le cose, un altro sostenitore della macchina da guerra giudeo-americana. Se è in buona fede, allora che chieda prima di tutto il disarmo al Popolo Eletto d’Israele e all’America, rimandando il confronto con il popolo eletto di Corea e con gli iraniani a quando le installazioni di Dimona saranno state smantellate e le atomiche americane trasformate in aratri.

La lotta della Corea per l’indipendenza nucleare è di estrema importanza per il Medio Oriente e soprattutto per il progetto nucleare iraniano. E’ vero che l’Iran non è alla ricerca di applicazioni militari per la sua industria nucleare, accontentandosi di ottenere energia in modo pacifico. In ogni caso, gli interessi giudeo-americani vogliono trasformare la Corea del Nord in un monito per l’Iran. Vogliono fare qualcosa di brutto alla non troppo rilevante Corea, in modo da ottenere che l’Iran si rimetta in riga.

Obama potrebbe sistemare le cose con la Corea al prezzo, piuttosto ragionevole, di smetterla di interferire con la sua vita. Firmare un trattato di pace, porre fine alle minacce, eliminare le sanzioni, interrompere la campagna di odio. I coreani ripagherebbero la normalizzazione dei loro rapporti con gli USA rinunciando alle installazioni nucleari. Ma questo non spaventerebbe né convincerebbe l’Iran. Perciò Obama potrebbe optare per un’azione violenta, incluso un blocco navale, così che un Iran debitamente impressionato si rassegni a chiudere i suoi reattori.

Sarebbe un vero peccato. Un peccato per i coreani, che meritano, come chiunque altro, di vivere le proprie vite come più gli aggrada. Un peccato per i nemici della Corea, perché i coreani non sono facili da sconfiggere. E un peccato per il Medio Oriente, che ha un disperato bisogno di un Iran dotato di capacità di deterrenza nucleare.

I media israeliani hanno pubblicato un sondaggio secondo il quale “circa il 23 per cento degli israeliani prenderebbero in considerazione l’idea di abbandonare il paese se l’Iran si dotasse di armi nucleari”. L’idea è quella di spingere gli Stati Uniti e l’Europa verso una frenesia di azioni anti-iraniane, visto che a nessun paese piacerebbe dover assorbire due milioni di rifugiati israeliani. E’ questa la segreta Arma del Giudizio della propaganda sionista: se messi alle strette, ce ne torneremo nei vostri paesi e questo non vi piacerà. Tuttavia, le parti scritte in piccolo di questo sondaggio rivelano che la paura dell’Iran è diffusa soprattutto tra gli israeliani suggestionabili, il 39 per cento delle donne contro il 22 per cento degli uomini. Si sono semplicemente bevuti la propaganda del loro governo, tutta d’un fiato e senza respirare.

Paradossalmente, per noi israeliani un Iran nucleare rappresenta una speranza di pace, non una minaccia alla pace. Il rischio più grave che corriamo sta nell’atteggiamento aggressivo dei nostri generali e dei nostri politici. Essi hanno già provocato una quantità di guerre non necessarie, attaccando il Libano, la Siria, i palestinesi. C’è bisogno di un contrappeso, di un grande e potente stato che tenga i nostri falchi sotto controllo. Da quando l’Iraq è stato soggiogato dall’esercito americano e l’Egitto da manovre politiche, i generali israeliani sono andati in guerra ogni due anni. Solo un Iran nucleare potrebbe tenere a freno i guerrafondai israeliani e costringere Israele a fare progressi nel processo di pace.

Nessun esperto israeliano che sia sano di mente, nemmeno il falco più radicale, può ritenere che un Iran nucleare rappresenterebbe un pericolo o una minaccia per Israele. Israele è troppo potente, perfettamente in grado di rispondere con un mortale secondo attacco. Ma questa oltraggiosa libertà d’azione che piace tanto ai militari israeliani avrebbe fine, e ciò sarebbe un bene.

L’equilibrio del terrore o MAD (mutual assured destruction) è ancora l’unico sistema per controbattere la minaccia israelo-americana. Fu questa la ragione del martirio di Julius ed Ethel Rosenberg: aiutando l’URSS a realizzare una propria bomba nucleare salvarono innumerevoli milioni di persone da una morte orribile, seppure al prezzo della loro vita.

Link:  http://blogghete.blog.dada.net/post/1207093340/LA+VOCE+DI+SARUMAN#more

Corea e Iran

Per approfondire:

IRAN E ISRAELE: DI CHI AVERE PAURA di Massimo Fini

L’ATOMICA DELLA COREA DEL NORD PAGATA DAL GOVERNO AMERICANO

Ho individuato almeno quattro veli incantati che ricoprono gli occhi degli uomini:

1. IL VELO TRASPARENTE, forse quello più difficile da individuare, anche se potrebbe suonare scontato: “la percezione della realtà é data dai mezzi di comunicazione di massa”.

2. IL VELO CALENDOSCOPICO, i famosi effetti speciali e colori ultravivaci. In parole povere, si crede che i media rispondano alle esigenze degli spettatori, invece che a quelle del mercato e della politica.

3. IL VELO DISTORCENTE, quello messo su dai gatekeeper, la controinformazione fasulla, predisposta ad accontentare quella parte del popolo apparentemente ribelle (il fenomeno Marco Travaglio potrebbe far parte di questo gioco).

4. L’ULTIMO VELO, quello che rimescola tutte le carte. L’unico esempio di verità oggettiva è quello della verità imposta. Rimossi i quattro veli, possiamo finalmente abbracciare la “nostra verità”, ma se tentiamo di imporla agli altri si torna al primo velo.

Tanto vale farsi un birrozzo!:)

LA SECONDA PARTE DEL VIDEO É QUI.

L’INTERVENTO DI M.T. SU BARNARD É INVECE QUI.

IL SOLITO LATUFF

Pubblicato: 25 aprile 2009 da Willoworld in FUMETTI, GUERRA, HUMUR, PENSIERO, POLITICA
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Fonte: http://latuff2.deviantart.com/

GAZA, RICORDATE?

Pubblicato: 21 aprile 2009 da Willoworld in GUERRA, MEDIA, RIFLESSIONI, STRAGI
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Mentre giornali e televisioni dipingono l’intervento del leader Iraniano Ahmadinejad alla conferenza UN sul razzismo come un attacco indegno ad Israele, di Gaza e della vergognosa Operazione Piombo Fuso non si parla piú. Beh, ecco un articolo che fa un po’ il punto della situazione…

PS: L’unica cosa che si può appuntare al presidente iraniano è che Israele non è l’unico stato razzista. Credo che tutti gli stati abbiano dimostrato di essere un po’ razzisti. Quindi, niente di nuovo sul fronte occidentale…

GAZA, RICORDATE?
AUTORE:  Gideon LEVY
Tradotto da  Manuela Vittorelli

Alyan Abu-Aun giace nella minuscola tenda, accanto alle sue stampelle. Fuma sigarette e ha lo sguardo fisso nel vuoto. Tiene in braccio il suo bambino. Nella tenda, che ha le dimensioni di una piccola stanza, si accalcano dieci persone. È la loro casa da tre mesi. Non rimane nulla della loro precedente abitazione, distrutta dalle bombe dell’Esercito di difesa israeliano durante l’Operazione Piombo Fuso. Sono profughi per la seconda volta; la madre di Abu-Aun ricorda ancora la sua casa a Sumsum, una cittadina che un tempo si trovava vicino ad Ashkelon.

Abu-Aun, 53 anni, è stato ferito nel tentativo di fuggire quando la sua casa di Beit Lahia, nella Striscia di Gaza, è stata bombardata. Da allora cammina con le stampelle. Sua moglie ha partorito proprio nel mezzo della guerra, e adesso il neonato vive con loro nel freddo della tenda. La tenda è volata via durante la tempesta che ha divorato la Striscia di Gaza mercoledì scorso, così la famiglia ha dovuto rimontarla. Ricevono acqua solo occasionalmente, in un container, e una piccola baracca di latta fa da bagno per le 100 famiglie di questo nuovo campo profughi, “Campo Gaza”, nel quartiere Al-Atatra di Beit Lahia.

Quest’ultimo finesettimana Abu-Aun era particolarmente amareggiato; la Croce Rossa ha rifiutato alla sua famiglia una tenda più grande. E non ne può più di mangiare fagioli. Per tre mesi, la famiglia Abu-Aun e migliaia di altre persone vivono in cinque accampamenti di tende costruiti dopo la guerra. Non hanno neanche cominciato a sgombrare le macerie delle loro abitazioni, figuriamoci costruirne altre. Migliaia di persone vivono all’ombra delle rovine delle loro case, affollando piccole tende insieme alle loro famiglie: decine di migliaia di persone rimaste senza un tetto, e alle quali il mondo non si interessa più. Dopo la conferenza dei paesi donatori, svoltasi in pompa magna a Sharm el-Sheikh un mese e mezzo fa con la partecipazione di 75 paesi che hanno deciso di stanziare un miliardo di dollari per ricostruire Gaza, non è successo niente.

Gaza è assediata. Non ci sono materiali da costruzione. Israele e il mondo stanno dettando condizioni, i palestinesi sono incapaci di formare il governo d’unità che sarebbe necessario, i soldi e il cemento non si vedono e la famiglia Abu-Aun continua a vivere in una tenda. Anche i 900 milioni di dollari promessi dagli Stati Uniti sono rimasti sotto chiave. Non si sa se verranno mai tirati fuori. La parola dell’America.

Sono passati esattamente tre mesi da quella guerra tanto discussa, e Gaza è stata ancora una volta dimenticata. Israele non è mai stato interessato al benessere delle sue vittime. E adesso anche il mondo ha dimenticato. Due settimane senza neanche un razzo Qassam hanno spazzato via Gaza dai principali temi di discussione. Se gli abitanti di Gaza non si sbrigano e riprendono a sparare nessuno si interesserà più alle loro condizioni. Non è certo una novità, ma è un messaggio particolarmente rattristante e doloroso in grado di scatenare il prossimo ciclo di violenza. E a quel punto di certo non riceveranno aiuti, perché staranno sparando.

Qualcuno deve assumersi la responsabilità per il destino della famiglia Abu-Aun e di altre vittime come loro. Se fossero state ferite in un terremoto il mondo probabilmente le avrebbe aiutate a riprendersi molto tempo fa. Perfino Israele avrebbe mandato subito convogli di aiuti della ZAKA, della Magen David Adom, perfino dell’Esercito di difesa. Ma la famiglia Abu-Aun non è stata ferita da un disastro naturale, ma da mani e carne e sangue israeliani, e non per la prima volta. Dunque: nessun indennizzo, nessun aiuto, nessuna riabilitazione. Israele e il mondo sono troppo preoccupati per ricostruire Gaza. Sono rimasti senza parole. Gaza, ricordate?

Dalle rovine della famiglia Abu-Aun nasce una nuova disperazione. Sarà più amara di quella che l’ha preceduta. Una famiglia dignitosa di otto persone è stata distrutta, fisicamente e psicologicamente, e il mondo si tiene a distanza. Non dobbiamo aspettarci che Israele risarcisca le sue vittime o ricostruisca le case che ha distrutto, anche se sarebbe evidentemente nel suo interesse, per non parlare dell’obbligo morale, argomento che non viene nemmeno toccato.

Ancora una volta il mondo deve rimediare ai disastri compiuti da Israele. Ma Israele sta ponendo un numero sempre maggiore di condizioni politiche per fornire urgente soccorso umanitario. Ricorre a vuote giustificazioni per lasciare Gaza distrutta e per non offrire l’aiuto che Gaza merita e del quale ha disperato bisogno. Gaza è stata lasciata ancora una volta alle proprie risorse, la famiglia Abu-Aun è stata abbandonata nella sua tenda, e quando le ostilità riprenderanno sentiremo parlare ancora una volta della crudeltà e della brutalità… dei palestinesi.

Link articolo originale: http://www.haaretz.com/hasen/spages/1079219.html

Link traduzione: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7462&lg=it