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Ecco i nuovi interventi di prosa e poesia apparsi sul circuito www.willoworld.net e sulla community Rivoluzione Creativa.

NESSUNA SENSIBILE SOLIDARIETÀ

Le giornate scorrevano tranquille, non c’era proprio niente che intervenisse almeno qualche volta a rompere anche solo di poco quell’ordinarietà delle cose che pareva si fosse innestata ormai da parecchio tempo. Già soltanto assistere dietro ai vetri della finestra a un pomeriggio di pioggerellina uggiosa sembrava un elemento di squilibrio, qualcosa che lasciava sbuffare tutti quanti per le scocciature degli ombrelli e degli impermeabili nel caso di dover uscire dalla propria abitazione… continua…

I CONTI DELLA VITA

D’inverno, in quelle giornate fredde ma di sole, mi piace andarmene al parco giochi. Non c’è quasi mai nessuno e le panchine sono tutte a mia disposizione, anche quelle a ridosso della rimessa, riparate dal vento e rivolte a sud, perciò posso godermi il sole dal mattino fino a metà pomeriggio… continua…

LE LUCI GIALLE DEL DESTINO

L’unica cosa che posso dire a nostra discolpa è che eravamo giovani.
Giovani di quella gioventù pura, che ti impedisce di aver paura, ti fa osare e ti fa vivere con quel fuoco dentro portandoti a perdere la ragione.
Eravamo giovani e sfrontati, giovani e belli, irrazionali, irriverenti peccatori, incoscienti del futuro, del destino, dei giorni che scorrono via senza che tu possa fermarli… continua…

TAKEN

Con le nocche diventate bianche a forza di stringere forte il lenzuolo, digrignava i denti per non urlare. Voci intorno le risuonavano nelle orecchie ma, a dirla tutta, non riusciva a badare al senso di quelle parole. Un dolore lancinante e una sofferenza acuta erano le uniche cose che riusciva a sentire… continua…

LA FINESTRA SOCCHIUSA

Lei lo ha visto, lo ha guardato solo un momento. Lui si è girato, come altre volte, a mostrarle che era attratto da quel suo viso, dagli occhi, dai suoi modi pacati… continua…

UNA BIRRA LEGGERA

Oggi ci sono sedici gradi fuori. Appena la temperatura si fa più mite, torno ad apprezzare la leggerezza di una pilsner, gustata in terrazzo con il maglione. Da ragazzo non amavo le birre forti… continua…

…LE POESIE DI…

TERRA

IL SUONO DELLA SUA PELLE

AL DIO DI OSSA FRAGILI

PRENDI E SCAPPA

…E LE 101 PAROLE DI…

ADDICTION

MAYA

Leggi anche: Letture aspettando la primavera

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Ecco i nuovi interventi apparsi recentemente sul sito della community Rivoluzione Creativa e sulle pagine degli altri progetti di Willoworld.

BELFAST

Ricorderò sempre l’arrivo a Belfast, era l’Agosto del 1995 e con una ragazza conosciuta a Dublino decidemmo di saltare sopra un pullman della “Green Line” e varcare il confine con l’Ulster… continua…

UN PANINO IN COMPAGNIA

Erano passati cinque anni dall’ultimo incontro con Marchino. C’avevo passato l’infanzia insieme, i pomeriggi alla sala giochi e le serate sulle panchine, specialmente d’estate. Nel quartiere rimanevamo solo noi due perché i nostri genitori potevano appena permettersi una settimana al mare di ferragosto, una vera tortura… continua…

PER IL RESTO DEL CORPO

Lo spio in lontananza, per non corrergli incontro con le solite scuse. Sono dispiaciuta per averlo lasciato un po’ da solo anche ieri notte, tra le lenzuola del suo letto a fissare il soffitto e le sue umide facce. Non mi manca il corpo, le sue solitudini da appagare, le compagnie ossessive, gli specchi, i costumi e le sue apparizioni. Il corpo mi chiama il resto. Io sono solo l’anima, forse… continua…

CASTAGNETO

Per andare a casa di Paola facevo la strada del castagneto, uno sterrato dissestato che era diventato col tempo il terrore di tutti gli automobilisti del paese. Tre diverse amministrazioni comunali avevano promesso di asfaltare quella strada, ma in dieci anni nessuno ha mai fatto niente. In Italia cose come queste sono la normalità. Io preferivo così… continua…

NEI COLORI DEL TRAMONTO

I braccianti di colore si erano riuniti tutti tra loro alla fine dell’orario di lavoro, ed erano rimasti lì, in silenzio, come non avessero nessun posto dove recarsi. Infine si erano incamminati lungo la strada sterrata, costeggiando la stalla delle vacche, e svogliatamente erano andati ad infilarsi nelle loro baracche di legno, oltre il rimessaggio degli attrezzi… continua…

E LE 101 PAROLE DI…

INCUBI

ADDIO AL CELIBATO

IL SAGGIO

DAVANTI AL GREGGE

LA BALLERINA

Leggi anche: Letture col Ciuffo

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20 mesi di attività, 15 autori, 267 piccole storie per un totale di 26967 parole… un progetto nato per gioco, come tutto del resto d’altronde, che lentamente sta diventando un vero e proprio fenomeno. 101 parole è un formato ermetico per la composizione di racconti brevissimi.

Il limite metrico compositivo è la sfida proposta da questo strumento creativo. Riuscirà l’autore a concentrare in appena 101 parole una storia che stia in piedi? Beh, provateci anche voi e mandatemi il risultato a info@willoworld.net.

Visitate la pagina ufficiale del progetto con il nuovo header appena inserito.
PS: Anche questo articolo ne ha 101.

Can you write a little Christmas tale in 140 characters? That’s what this project is about!!

Proviamo a dare alito a questo piccolo progetto di scrittura creativa e vediamo cosa ne esce fuori. 140 caratteri per una storia di natale. Le palline, le lucine e il vecchio uomo barbuto. Gli ingredienti ci sono tutti.

Ecco qui alcuni esempi:

1.    La slitta riuscì ad evitare la vecchietta, ma prese in pieno il palo del semaforo. I pacchi invasero l’incrocio, tra le bestemmie di Santa.

2.    Il bimbo guardò i primi fiocchi cadere e domandò “Verrà?” Il padre gli accarezzò la testa. “Certo” rispose. E sentì di crederci anche lui.

3.    Dai cestini del Mac recuperò mezzo cheesburger e una decina di patatine fritte. Al vecchio clochard andava benissimo come pranzo di natale.

Provate a spargere questo virus e naturalmente seguitemi su Twitter:  http://twitter.com/willoworld

Non so quanto ancora ci vorrà prima di essere scoperto.
Attendo trattenendo il respiro, nascosto dietro questa tenda damascata.
Nella stanza i tredici vecchi parlano con voci gravi.
Sono quasi difficili da capire le loro parole, come contornate da atichi saperi.
Lo stato di angoscia va sempre aumentando mentre la cadenza di ogni singola parola rallenta, rallenta, rallenta.
Percepisco distintamente il passare dei secondi tra ogni sillaba.
Non hanno fretta di farsi capire.
Nessuna fretta di comunicare.
Sembra più un gioco al massacro: vince chi inganna di più lo scorrere del tempo.
Voci gravi e lente, lente e accordate, sicure, pesano e misurano ogni sillaba, lentamente.
Temo di non sopportare ancora per molto l’immobilità in cui mi sono costretto.
Ho paura di essere rapito da l’istinto di saltar fuori da questo mio nascondiglio e urlare.
Solo per rompere questo rituale infinito.
Non so quanto tempo mi rimane o quanto ci vorrà ad essere scoperto.
Peggio ancora ad abituarmi a questa nenia di voci; assopirmi e farmi cullare dalla melodia assassina.
Poi una luce che rischiara la tenebra.
L’idea che salva la mia mente preda dell’oblio.
Apro la finestra che mi sta alle spalle.
Un veloce sguardo alla luna.
E spicco il volo.
“Il Mostro”
Sulle note di “D’angelo” dei Diablo swing orchestra
From: NOVOCAINA

1. INTRODUZIONE

Alla fine del 21esimo secolo l’umanità entrò nell’era del caos, che in pochi decenni portò alla completa estinzione del genere umano. Teologi e scienziati concordarono nell’affermare che la fine dell’uomo combaciava con qualche misterioso piano, sia questo divino, naturale o chimico. Non era certo importante determinare la vera entità di questa svolta (che chiamarono Curvatura di Involuzione), ma era fin troppo chiaro che gli eventi che si susseguirono in quegli anni avevano un unico fine: l’estinzione della razza umana.
Vi erano guerre, vi erano epidemie causate dalle guerre stesse (soprattutto quelle in cui venivano usate armi batteriologiche) e vi erano catastrofici eventi naturali dovuti agli sbalzi climatici avvenuti in tempi recenti. Vi erano insomma tutti i presupposti per il crollo della grande cultura egemone dell’uomo, ma a nessuno sarebbe saltato in mente di pensare ad una totale scomparsa del genere umano.
Questa avvenne a causa della perdita di fertilità. Nessuno riuscì mai a capire quale fu la causa di questo evento. Forse l’evoluzione di uno dei tanti virus sviluppati in laboratorio e fuoriusciti a causa dei bombardamenti delle guerre in corso, almeno secondo gli scienziati, mentre per i religiosi era fin troppo facile pensare a una punizione divina… continua…

SCOPRI CHE COS’É LIMBO

 

Tra le lamiere di questa luminosa città, i topi se la ridono nascosti sotto le
macchine. All´angolo di una strada, una banda di volti segnati dal freddo fa
partire una bella canzonetta, una marcia gioiosa, sui suoni di trombe e
tromboni, fa ricordare a chi siede con le spalle ricurve su solitarie
panchine, le belle serate del dopo guerra trascorse ubriache a ballare sui
tavoli, le piccole lucine e le penombre di teste che oscillano, le voci delle
donne tra cristalli e brindisi. Un assolo di tromba spacca la memoria, all´
improvviso, inghiottendo i passanti, gli amici, gli amori. In un deserto di
slanci, tra il rumore delle macchine veloci e il suono costante della corrente
elettrica tra muri e i lampioni, nascono pensieri tra i denti, immagini fisse
di sagome in lontananza, che si ingrandiscono lunghe, senza mai toccarsi, così
stanche, deboli e lente, si schiudono come bolle di sapone nella testa. Guardi
il mondo, lo guardi molto ma sogni altro. Lo scandire di un si riempirebbe la
bocca, fermerebbe il tempo senza lasciare niente al cosa resta. Adesso,
svolazzano le tende adagiate sui vetri delle finestre, amanti di questo stesso
silenzio costruiscono fotografie che in questa città, sembreranno domani un
ricordo ragionevole. Ci vorrebbe una bella passeggiata lontana dal posto in cui
mi trovo, lontano dal rumore, dalla forma dell´acciaio che lampeggia come
sedotto dalle luci. Alzando la testa guarderei alcune nuvole come sfumate
macchie bianche correre veloci nel cielo senza aspettare i miei passi lenti e
incerti, disegnerebbero nuovi percorsi da seguire solo con gli occhi, senza più
lacrime da dedicare al tempo ladro. Ma per fortuna c´è il mare, lo guardo
consolare ogni dentro perso, ogni desiderio di sconfinare. Mi aiuta a godermi
un sogno, dell´intensità di un grande amore, un abisso scuro forse, ma materno
e senza porte chiuse in cui sentirsi vigliaccamente al sicuro. L´aquilone di un
bambino guarda con interesse il mio filo legato a lui, intravisto, sottile,
coreografico ponte tra le voci dei passanti ed i loro lamenti. E´notte, il
cielo è carico a scoppio, le stelle sono ovunque, giù e su si confondono,
simile a me, che parlo da sola. Calmo le urla mentre il cuore batte, attendendo
il momento in cui scorgere il volto di un uomo che torna, ha con se solo l´
entusiasmo di un presente, e la raffinata arte della dimenticanza. Il passato
non più punto fermo di un vissuto senza trasparenze nè gioie con l´eco, senza
più gabbie che tra i fumi emergono immense. Nell´adesso salvo, mai più perduto.
Io, assettata di sincerità morderei il suo cuore per ricordare del mio, il senso.
Miriam Carnimeo

Mi accade così, all’improvviso, di scoprire che la mia casa è un museo di stili scadenti, eppure è ancora familiare, ma opprimente come un abbraccio decrepito. Poi il buio tracima nelle stanze e avverto la presenza della mia donna. – Non ho fatto niente io. Quelle parole di Milena naufragano ad intermittenza sulla mia esasperazione. Pugno batte carta, la morra del nostro amore. Lei mi tiene sigillato qui dentro casa, con il silenzio e la pelle. Ma io vivo superfluo rasente i giorni, perché è una vita che mi assento spesso da me stesso. Ci sono talmente tanti cassetti chiusi nella mia mente, così zeppi di  rabbia e odio repressi che potrei far esplodere questa palude tra me e lei. Io cerco di trovare qualcosa che mi tenga tranquillo. Ma la notte arriva sempre, cala giù fino in fondo allo stomaco e lo riempie di immagini sconnesse e affilate. Rabbrividisco quando il buio mi sorprende, spiandomi dallo spazio vuoto tra i  mobili. Provo a scappare a piedi nudi sul pavimento gelato, ma annego in quello spazio vuoto, senza luce, dove non c’e’ colpa solo punizione, nessun dolore solo orrore.  La pelle nuda di Milena è una sforbiciata netta nello stomaco, uno scandaglio gettato in fondo agli incubi, che avvolge di oscurità le mie immagini. Forse stanotte non riuscirò a diradarle. La memoria è un sasso tondo e molti sassi formano un mucchio compatto. Qualcuno me li ha fatti ingoiare tutti in questi anni, però è strano che questa notte li senta più pesanti. Milena sta rannicchiata contro la parete, con la testa chinata in avanti diventa piccola piccola. Le braccia magre sono strette intorno al  corpo, i capelli le nascondono lo sguardo. La sua innocenza ha uno spessore, ragiona di neri desideri e si struscia pesante, lasciando le sue tracce addosso a me. La sua ingenuità diventa minuscola, vittima di quella stanza enorme che la contiene. – Io non ho fatto niente – ripete. Ma il colpevole non è l’assassino, è la vittima. Milena ha imparato a resistere senza muoversi. La lapido con i miei sassi e lei si copre il volto con le mani, perché ha paura che possa scoprire qualcosa dentro il suo sguardo. Anni oscuri, molti anni di dolorose memorie si sfaldano in quel gesto, sgretolandosi un secondo dopo l´altro. Il nostro passato marcisce nero, come un dente marcio che ci ha storditi per mesi ed ora ci solletica, di tanto in tanto, con una fitta estranea. C´è un lungo istante in cui le parole divampano come la brace, ma salgono verso l´alto in spirali di fumo e scompaiono, portandosi dietro il loro significato. Sono stata iniziata al sesso con la violenza. Dentro ogni gesto che fai – le dico – sento che usi la tua vita per disarmare la mia. Ma era ineluttabile che la sopraffacessero, necessario. Lei usa il suo sesso con gli uomini come si usa un bisturi, affondandolo dove sono più sensibili, incidendo i loro nervi scoperti e provocando dolore. Sì, molto dolore. Il perverso gioco di Milena, la sopraffazione, una slot machine per guadagnare la loro fiducia: ottengono quello che vogliono, quando lo vogliono. Si avvolge rampicante dentro il loro orgoglio, fino allo spasimo dell’umiliazione. Allora affonda il bisturi ben affilato. Dolore. Poi li umilia con le loro stesse parole, tra le sue mani quelle parole diventano cera liquida che si scioglie sui corpi. Bastarda, la eccita umiliarli. Ma non umiliarli davanti agli altri, no, deve umiliarli davanti a loro stessi. Ride quando si torturano le loro virilità inermi per lei. Ora i sassi mi pesano nello stomaco, mi fanno male. La notte sa bene come cucire insieme le immagini dentro la mia testa. Una depressione fredda nelle viscere, lei che sculetta su tacchi altissimi e tutti la guardano. Milena guarda gli uomini negli occhi, non li spia, li guarda affamata. Sto gelando. Sussurra frasi ambigue gli altri, a me invece sorride, con quel sorriso che mi inchioda ad una colpa. Una colpa mia, mia, mia! Prima Milena ha telefonato a qualcuno, la sentivo ridere forte, sguaiata. Fa caldo ora. Ascolto la sua voce e sto meglio, ma poi odierò il suo tono mellifluo. Lo so. Sempre uguale. Carta batte pugno, la nostra morra d’amore. La colpa di Milena è vivere. Vivere ingenuamente in un corpo insinuante. Un’anima sottile dentro una carne enorme e nera. Il suo movente, forse, l’ingenuità. Ho voglia di farla finita, con questa notte e con tutte le altre. Le mie mani stringono la sua gola, è calda, pulsa ancora sensualmente. Si contorce come se danzasse e ancora non riesco ad uccidere la sua ingenuità. Gli occhi neri sbiancano appena, liquidi di una voglia nuova. Non ho fatto niente, io – lo dice di nuovo. Lo so. Ora lo so davvero. Buonanotte amore mio.

Dario de Giacomo

Quello che ricerco ormai da anni nella mia hobbistica attività di menestrello virtuale è uno stato mentale essenziale con il quale affrontare il processo creativo, in qualsiasi campo, sia questa la scrittura, la poesia, il blogging, la fotografia o qualsiasi altra forma di comunicazione on-line. Il primo ostacolo da superare è la fatidica domanda “piacerà?”. Viene quasi naturale chiederselo, eppure si tratta di una prima auto censura alla creazione. È una domanda indotta dal nostro mondo, quello in cui un “comunicatore” per essere rispettato deve per forza avere un consenso, un feedback, sia questo fatto di complimenti o monete d’oro sonanti. Chissà quante folli, incredibili, meravigliose idee vengono scartate ogni giorno a causa di questo filtro che c’abbiamo nella testa.

Io ho smesso di farmi questa domanda. Se il fine unico di ogni mia creazione è quello di creare e stare bene con ciò che ho creato, la domanda “piacerà?” diventa assolutamente irrilevante. Fuori dal viscido ed intricato meccanismo del mercato, lo spirito creativo più puro può finalmente riaffiorare e liberare al vento la sua voce.

Di conseguenza diventa irrilevante anche qualsiasi critica o giudizio negativo, perché non esiste in principio il presupposto da parte dell’autore di piacere. Ogni manifestazione di disprezzo gratuita è solo il sintomo di un insoddisfazione personale del critico. Indi per cui, non abbiate paura di creare! E non abbiate paura di non piacere. Semplicemente, chiudete gli occhi e abbandonatevi dentro il vostro mondo, raccontandolo…

PARTECIPA A RIVOLUZIONE CREATIVA!

GM Willo
Foto: Dutch Clouds di Willoclick

«Muovi quelle gambe!» disse l’uomo senza capelli.
«Lo sto facendo, maledizione!» rispose il giovane, mentre cercava di evitare i fendenti del maestro.
«Solo quelle possono salvarti» aggiunse l’uomo disarmando alfine il suo allievo.
Tzadik si afferrò le ginocchia e provò a riprendere fiato. La sua spada di legno giaceva a qualche passo di distanza, sprofondata nell’alta erba delle piane. Riusciva a percepire lo sguardo di Nicon sopra di lui.
«Stai migliorando, ma non abbastanza…»
«Non è vero. Tre stagioni fa non riuscivo neanche ad impugnare una spada, mentre adesso…»
«Adesso la tieni in pugno, per pochi istanti» terminò per lui l’uomo calvo.
Il giovane avvertì la tentazione di abbandonarsi allo sconforto. Era una trappola del maestro, lo sapeva. L’addestramento non si limitava ad affinare le abilità fisiche dell’allievo, ma anche quelle psicologiche. Le lezioni finivano spesso con un litigio o con un pianto. Nicon era abilissimo a farti arrabbiare. Si stupì del fatto che nessuno aveva mai perso la testa al punto da volerlo uccidere, o forse qualcuno ci aveva anche provato, pagandone ovviamente le conseguenze… continua…

Lo sciacallo di Dario de Giacomo

Pubblicato: 3 novembre 2009 da novocainamagazine in NARRATIVA
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I

Nuvole basse, sporche, cariche, a volo radente, premono sullo sterno come sonno agitato. Non so svegliarmi, annaspando dentro di me in cerca d’aria. La luce nuvolosa ferisce la vista, mi stanca. Tengo gli occhi serrati e le tapparelle abbassate ma non riesco a svegliarmi. La memoria esala l’immagine del cubo grigiastro dove vivo con un uomo che non conosco e cammino su mattonelle a scacchiera: untuosa distesa di bianco e nero. Annuso la paura rancida dell’uomo nel suo sudore, a volte si avvicina a me. So che mi spia, lo sento quando mi raschia il viso con la sua guancia rasata male. Le sue mani febbricitanti cercano la mia intimità; calde e ossute, ma è uno strano calore, lo odio!, la febbre che le consuma è malattia. Da quanto cerco di sfuggirgli? di notte ascolto il suo rantolo, poi si sveglia, mi mostra le sue ferite, le esibisce. Credo che provi piacere per lo schifo che suscitano in me, le mostra apposta. Desidero il sole, l’abbraccio di un essere umano vivo, con i piedi immersi nell’acqua di mare, qui, invece, il fiato si ghiaccia e disegno stelle, pezzi di cielo, sul vetro della cucina. Grido ti amo, da sola, e sono ebbra di freddo. Mi tocco tra le cosce per sentire il calore di un essere umano che mi desideri. Forse sono solo stanca per il vino, il vino rosso che macchia la tovaglia di lino ruvido con gli stessi ricordi stinti di ogni volta: nel buio mi racconto favole. Racconti come macchie scure che colorano le mie risate scialbe di disagio: siamo sempre in troppi a questo tavolo, con l’imbarazzo di ritrovarci stranieri tra stoviglie straniere. Abbiamo imparato dai nostri padri a stare a tavola, se non al mondo, e i nostri figli impareranno da noi. Troppi morti e troppo sangue attorno a questo tavolo. Sto impazzendo. Parlo da sola.

L'attillato

Illustrazione di Giulia Tesoro – Altri lavori

L’ATTILLATO
di Bruno Magnolfi

L’angoscia si era diffusa dentro di me giorno dopo giorno. Senza neanche sapere perché, mi ritrovavo a tremare, a stringere le ginocchia tra le braccia, a mettermi le mani dentro ai capelli, certe volte anche a piangere. Spesso desideravo con tutto me stesso che arrivasse qualcuno o qualcosa ad interrompere una situazione così negativa, anche se sentivo nel profondo che era impossibile. A volte facevo un giro a caso con la mia macchina e mi sembrava incredibile che ancora si costruissero case, strade, palazzi, sterminate periferie incolori dove la gente perdeva qualsiasi identità. I vestiti attillati mi erano sempre piaciuti, le pieghe e le grinze mi pareva deturpassero il corpo, dovevano essere addosso nel numero minore possibile, e piccole. La stoffa di troppo attorno alla pelle era qualcosa che rovinava l’estetica della persona, ne cambiava qualsiasi connotato, andava evitata. Qualcuno mi disse che dovevo conoscere gente, scambiare le idee, confrontare i pensieri con quelli di altri, così entrai dentro ai bar della zona cercando di essere un po’ spiritoso per attaccare bottone con qualche soggetto che si giocava la briscola o segnava i punti al biliardo, ma non legai con nessuno, e un paio di persone mi dissero di levarmi dai piedi. Non ci credevo, non credevo più a nulla, mi pareva tutta una fregatura continua, mi rendevo conto che nessuno aveva bisogno di me. Giravo per strada e vedevo persone che erano più corazzate di me, e quindi stavano bene. Spesso, con il mio abbigliamento attillato, io mi sentivo più nudo degli altri. Non avrei potuto cambiare i calzoni con un paio meno stretti, non era per me, non sarei stato lo stesso: alla mia identità ci tenevo. Quando mi misi con quel gruppo di persone completamente fuori di testa, lo feci perché mi sembrarono subito pieni di tanto entusiasmo, ma soprattutto perché non mi chiesero niente. Mi chiamavano, a volte, ci si ritrovava in luoghi improbabili, spesso c’era anche gente che non conoscevo, che non c’era la volta passata, e mi offrivano qualcosa da bere, dei panini imbottiti, erano tutti cortesi e parlavano, qualche volta parlavano anche con me. Ci si sistemava sull’erba, a volte seduti sopra le pietre, e poi si guardava il tramonto. Infine si tornava alle macchine e via, ognuno per sé. Una volta dissi a qualcuno che avevo iniziato a guardarlo anche da solo il tramonto, ma quello si arrabbiò, fece un mezzo casino, alla fine andò a dirlo anche al capo, un tipo che faceva il discorso per tutti, e quello venne da me, scuro in faccia come la notte, e mi disse che non dovevo tornare. Non capii dove avevo sbagliato, però fui contento lo stesso: avevo detto la mia, non ero stato del tutto a quello stupido gioco; e poi quella gente portava mantelli, giacconi, tuniche, tutti vestiti larghi e pieni di grinze e di pieghe, non avrei potuto andarci d’accordo parecchio, anzi forse era troppo anche quel poco di tempo che era appena trascorso. Me ne andai, e questo fu tutto.

Bruno Magnolfi – 19 agosto 2009 – Altri Lavori

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FONTE: RIVOLUZIONE CREATIVA

La community di Rivoluzione Creativa ha raggiunto in poco più di un mese le 20 iscrizioni, un risultato apparentemente modesto ma che invece mi lascia molto soddisfatto. Registrarsi ad un social network con un obbiettivo come quello di R.C. (creatività e condivisione sotto copyleft) non è la stessa cosa di prendere parte ad un gruppo di facebook con un semplice click. Bisogna inserire dati, aggiornare il profilo, spenderci insomma un po’ di minuti.

Anche se la maggior parte degli utenti registrati a Rivoluzione Creativa non sono ancora attivi, ve ne sono tre o quattro che propongono regolarmente le loro creazioni e questo fa si che la community incominci a vivere. Le opere dopo che sono state consultate, commentate e valutate, vengono riproposte sul blog ufficiale di Rivoluzione Creativa e vanno ad arricchire il già consistente archivio di materiale che poi viene usato per pubblicazioni cartacee ed e-books, il tutto ovviamente sotto creative commons.

Mi auguro che questa ennesima iniziativa di willoworld.net possa crescere e svilupparsi, preferendo sempre la qualità alla quantità. Come un oste dietro il bancone del bar, attenderò impaziente nuovi commensali. Io servirò loro cocktails di pretesti per creare e loro mi racconteranno le loro storie, fatte di parole, immagini e pixel colorati.

E allora, cosa aspettate a venire a bere da me? REGISTRATI!

FONTE: www.willoworld.net

Music

Il Corriere di Willoworld, e-nzine dedicata alla scrittura creativa, é arrivato al numero ventuno! In questo numero troverete il primo intervento della piccola pentalogia cyberage di GM Willo. Segue un racconto di Fida, poi l’horror di Jonathan Macini, i sentimenti di G., la musica di Aeribella Lastelle e le liriche avvinazzate di Gano.

Scaricate il PDF a questo link, e poi STAMPATE, SPILLATE E FATE GIRARE! Per gli arretrati consultate la pagina del corriere.

http://www.willoworld.net/

Letture scollate

IL SENSO AUTOCRITICO

I ragazzi adesso apparivano tutti abbastanza tranquilli. Si erano agitati nel pomeriggio, tutto per causa di due o tre incomprensioni, ed erano subito volate parole offensive, frasi di scherno, segnali che dimostravano la scarsa volontà di capire ognuno le ragioni dell’altro… continua…

GENERAZIONE DISTACCATA

– Perché fai quella faccia? –
– Niente… –
– Dai, su col morale! È Natale! –
– Appunto. Il minimo sarebbe passarlo insieme a mà e pà, invece guardali… chissà dove sono adesso… –
Jeremy e Gaia facevano colazione sul tavolino della cucina, fiocchi d’avena e latte biologico… continua…

IL RACCONTO PIÚ BREVE

Quando il mio editore mi chiese di scrivere il racconto più breve che si era mai visto, io gli porsi furioso la mia ultima storia priva del finale… continua…

I DIVINATORI DEI CRISTALLI

Tra le spire del tempo riposa una storia che non si deve sapere.
I custodi delle storie proibite sono demoni con zanne affilatissime, che pattugliano gli scrigni in cui esse risiedono. Vergate sopra antiche pergamene, corrose dal tempo ma pur sempre indelebili, attendono il giorno in cui qualcuno le rivelerà al mondo. Perché per quanto le si possa nascondere, per quanto le fauci digrignanti di mostri alieni vi stiano di guardia, queste storie desiderano uscir fuori… continua…

SERATA FM

La radio quella sera sputava pezzi jazz, roba acid tipo Jimmy Smith, oppure il vecchio Coltrane.
Vecchia buona radio, ricordo ancora quando la comprai, ormai saranno passati quasi dieci anni… continua…

L’ISOLA DEI RICORDI

Nel mare si perdono i ricordi. Quelli più belli vengono subito trascinati al largo dalle correnti. Poi si depositano sui fondali, a fare compagnia alle razze e ai cavallucci marini.
Un dio mi disse che se avessi saputo trovare il posto giusto, avrei potuto ripescarli. Tutto quello di cui avevo bisogno era una canna da pesca ed una buona esca… continua…

GLI AMANTI DELLA FINE DEL GIORNO

Il silenzio nella radura era perfetto. Il Presidente dell’Associazione, una volta che tutti erano scesi dalle loro auto private parcheggiate alla meglio al bordo della strada statale, e affrontato con le loro scarpe da trekking il lungo sentiero che li aveva portati fin lì, si era auspicato, da parte di tutti, e nella sua mente sin da quando aveva convocato quella bella comitiva di quasi cinquanta persone in quell’insolito posto di meditazione e d’incontro, un riguardo adeguato al motivo che li aveva spinti in quel luogo, ed un rispetto coerente con gli scopi della loro escursione… continua…

LE TRE CARAFFE

Il vecchio piumato continuava ad osservarmi, in bilico su una sola zampa, con le spalle rivolte al tempio ed il becco all’insù, come se stesse annusando il vento.
– Hai riempito le tre caraffe oggi? – domandò ad un tratto.
– Le tre caraffe? -… continua…

IL FIUME

Asia se ne stava appoggiata al parapetto del ponte e guardava lo scorrere del fiume in piena. Accanto a lei un fagotto di lenzuola arrotolate.
Restava lì, immobile, nella notte ad ascoltare i suoi pensieri sommersi dallo scrosciare dell’acqua.
A quell’ora non passava più nessuno.
Era sola nella notte e così voleva essere… continua…

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