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Conferenza del prof. Emilio Del Giudice, Fisico, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell’International Institute of Biophysics di Neuss (Germania).
Roma, Camera dei Deputati, 28 febbraio 2008.
Tema: la ricerca scientifica sulle nuove armi, l’effetto Bridgman e la Fusione fredda.

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Ricordate quella cosa chiamata “continuum spazio-tempo”? Bene, cosa succederebbe se la parte dell’equazione riguardante il tempo si stesse letteralmente letteralmente esaurendo? Nuove prove suggeriscono che il tempo stia lentamente scomparendo dal nostro universo e possa un giorno svanire completamente. Questa nuova affascinante teoria potrebbe spiegare un mistero cosmologico che ha sconcertato gli scienziati per anni.

Gli scienziati fino a oggi hanno osservato la luce derivante dalle esplosioni dalle stelle più lontane, dimostrando che l’universo si trovi in una fase di espansione ad un ritmo sempre più accelerato. Nel far questo hanno dato per scontato che queste supernovae si disperdessero a una velocità crescente con l’invecchiare dell’universo. I fisici hanno anche ipotizzato l’esistenza di una forza antigravitazionale che spingesse via le galassie, e hanno iniziato a chiamare questa forza sconosciuta “dark energy”.

Tuttavia, fino ad oggi nessuno sa veramente che cosa sia questa “energia oscura”, o da dove essa provenga. Il professor José Senovilla e i suoi colleghi presso l’Università dei Paesi Baschi a Bilbao, in Spagna, hanno proposto una curiosa alternativa. Essi credono che non esisti affatto questa energia oscura, e che stiamo semplicemente guardando le cose all’indietro. Senovilla pensa che siamo stati ingannati a pensare che l’espansione dell’universo stia accelerando, quando invece è il tempo stesso a rallentare. A livello di tutti i giorni il cambiamento non è assolutamente percepibile. Tuttavia diventerebbe evidente con misurazioni in scala cosmica su un intervallo di miliardi di anni. Dal punto di vista umano il cambiamento non è rilevabile, ma in un’ampia prospettiva cosmologia e attraverso lo studio della luce di soli che brillavano miliardi di anni fa, questa differenza potrebbe essere facilmente misurata .

La proposta di questa squadra di ricerca, che sarà pubblicata sulla rivista Physical Review D, respinge il concetto di energia oscura. Secondo il prof Senovilla l’apparente accelerazione è causata dal fatto che il tempo stesso stia gradualmente rallentando, come un orologio con la batteria a fine.
“Noi non diciamo che l’espansione dell’universo sia un’illusione” spiega. “Quello che riteniamo possa essere un’illusione è l’accelerazione di questa espansione”.

Se il tempo rallenta a poco a poco, ma noi ingenuamente continuiamo ad usare le nostre equazioni per rilevare i cambiamenti di espansione nei confronti di ‘un flusso standard di tempo’, ovviamente i  modelli di cui facciamo uso ci mostreranno un tasso di  “effettiva accelerazione in espansione”.

Attualmente gli astronomi sono in grado di discernere la velocità di espansione dell’universo con la tecnica del “red-shift”. Questa tecnica si basa sulla comprensione che le stelle che si allontanano appaiono di un colore più rosso di quelle che si spostano verso di noi. Gli scienziati osservano alcune specie di supernovae che fanno di punto di riferimento. Tuttavia, la precisione delle misurazioni è strettamente legata all’invariabilità del tempo nell’universo. Se il tempo sta effettivamente rallentando, la nostra dimensione temporale si starebbe lentamente trasformando in una nuova dimensione spaziale. Pertanto, le stelle più vecchie e di conseguenza più lontane, viste dalla nostra prospettiva, sembrerebbero accelerare.

La teoria si basa su una particolare variante della più famosa teoria delle superstringhe, nella quale si presuppone che il nostro universo sia confinato sulla superficie di una sorta di membrana, e galleggi su uno spazio dimensionale più alto chiamato “Bulk”. Secondo questa nuova teoria, in miliardi di anni il tempo cesserebbe di esistere.
“Allora tutto sarà congelato, come l’istantanea di un istante, per sempre”, ha detto Senovilla alla rivista New Scientist. “Per allora il nostro pianeta non esisterà più.”

Anche se in maniera radicale queste idee non sono prive di sostegno. Gary Gibbons, un cosmologo all’Università di Cambridge, afferma che il concetto merita attenzione. “Crediamo che il tempo sia nato durante il Big Bang, e se il tempo può emergere potrebbe, come effetto contrario, potrebbe anche sparire”.

Articolo originale di Rebecca Sato: http:/www.dailygalaxy.com/my_weblog/2009/09/is-time-slowly-disappearin.html

Traduzione di Willoworld

I SUCCESSI DELLA MEDICINA UFFICIALE SUL CANCRO

Pubblicato: 22 aprile 2008 da Willoworld in SALUTE
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Alcuni brani tratti dal libro Kankropoli, di Alberto Mondini,

“Iniziamo a vedere cosa realmente viene fatto a chi oggi si ammala di cancro.
Nella stragrande maggioranza dei casi si usano, dove è possibile, unicamente tre metodi: l’asportazione chirurgica, la chemioterapia e l’irradiazione.
Il primo rimedio è del tutto inutile, perché il tumore non è che lo stadio finale e più visibile di una situazione patologica che coinvolge tutto l’organismo. Pertanto, dopo l’asportazione, la recidiva è quasi la regola, in quanto le difese immunitarie del paziente saranno ulteriormente indebolite dal trauma delle ferite, dall’intossicazione dell’anestesia, dagli antibiotici e dagli altri medicinali.
Gli altri due metodi si basano sul fatto che le cellule cancerose sono più deboli di quelle sane, pertanto, sotto l’azione di veleni o di radiazioni ionizzanti, sono le prime a morire.
Questa constatazione porta però a una delle pratiche più insensate della storia della medicina: avvelenare ed irradiare il paziente per guarirlo! Anche la persona meno informata, riesce a comprendere che guarigione significa miglioramento della salute.
Nessuno pensa che l’inquinamento, gli esperimenti atomici o l’incidente di Chernobyl siano i provvidenziali vantaggi dei nostri tempi per mantenerci sani.
Nei fatti, anche con la chemioterapia e l’irradiazione, dopo un iniziale, apparente successo, il malato, con il sistema immunitario massacrato, indebolito nel corpo e nella mente, svilupperà generalmente in breve tempo un nuovo tumore, questa volta ancor più difficile da curare.
Eppure, specialmente negli ultimi mesi, in occasione dei vari dibattiti sulla cura Di Bella, avrete sentito fior di luminari, illustri primari, grandi ricercatori, sostenere che le critiche alle attuali terapie oncologiche non hanno ragione di esistere, che la medicina ha fatto enormi passi in avanti, che le percentuali di guarigione sono già nell’ordine del 50% e che tale percentuale è in fase di crescita.
In conclusione, la medicina sta facendo il proprio dovere ed i soldi assegnati alla ricerca hanno dato i frutti sperati.

Vediamo ora quali sono, in realtà, i grandi progressi che da alcuni anni la scienza sta compiendo nel campo della lotta ai tumori.
Riunione del settembre 1994 del President’s Cancer Panel:
“Tutto sommato, i resoconti sui grandi successi contro il cancro, devono essere messi a confronto con questi dati” aveva detto Balair, indicando un semplice grafico che mostrava un netto e continuo aumento della mortalità per cancro negli Stati Uniti dal 1950 al 1990. “Torno a concludere, come feci sette anni fa, che i nostri vent’anni di guerra al cancro sono stati un fallimento su tutta la linea. Grazie”.
Chi è questo personaggio che esprime idee così eretiche, un medico alternativo? Un ciarlatano come è stato definito Di Bella? Un guaritore che approfitta dei poveri malati? Uno che non conosce le percentuali di guarigione?
Purtroppo per loro, niente di tutto questo. Risulta difficile definire ciarlatano o incompetente, John C. Balair III, insigne professore di epidemiologia e biostatistica alla Mc Gill University, uno dei più famosi esperti di oncologia degli Stati Uniti e dell’intero pianeta.
Non parlava del resto ad una platea di sprovveduti; il President’s Cancer Panel è nato in conseguenza del National Cancer Act, un programma di lotta contro il cancro, firmato dal presidente americano Richard Nixon il 23 dicembre 1971 e per cui si sono spesi fino al 1994 ben 25 miliardi di dollari.
I dati relativi alla situazione delle lotta al cancro vengono forniti direttamente al Presidente degli Stati Uniti.
La conclusione principale di Balair, con cui l’NCI (National Cancer Institute) concorda, è che la mortalità per cancro negli Stati Uniti è aumentata del 7% dal 1975 al 1990.
Come tutte quelle citate da Balair, questa cifra è stata corretta per compensare il cambiamento nelle dimensioni e nella composizione della popolazione rispetto all’età, cosicché l’aumento non può essere attribuito al fatto che si muore meno frequentemente per altre malattie.
La mortalità è diminuita per tumori quali quelli del colon e del retto, dello stomaco, dell’utero, della vescia, delle ossa, della cistifellea e dei testicoli. La mortalità per cancro nei bambini si è quasi dimezzata fra il 1973 e il 1989, in gran parte grazie alle migliori terapie.
Tuttavia, dato che i tumori infantili erano comunque rari, questo miglioramento – e quello più lieve registrato nei giovani adulti – ha avuto solo un effetto assai ridotto sul quadro generale.
In totale, gli incrementi della mortalità per cancro sono circa il doppio delle riduzioni.

Edward J. Sondik, esperto di statistica dell’National Cancer Institute, sostiene che vi sarebbe un aumento di oltre il 100% dei casi di cancro al polmone nelle donne fra il 1973 e il 1990. Anche il melanoma e il cancro alla prostata hanno avuto incrementi considerevoli, di oltre l’80%, in quel periodo. Sondig ha concluso che l’incidenza totale del cancro è aumentata del 18% fra il 1973 e il 1990.

“Nessun esperto del settore può continuare a credere che dietro l’angolo vi sia necessariamente tutta una serie di magnifiche terapie contro il cancro in attesa di essere scoperte” asserisce Balair ribadendo di averne abbastanza della continua sfilata di notizie sensazionali che fanno credere che una cura risolutiva stia per essere messa a punto.
Le chemioterapie esistenti, nonostante i progressi, sono ancora armi a doppio taglio. Alcuni dei trattamenti per il linfoma e la leucemia inducono altri tumori, dopo il completamento della terapia per la malattia originaria.

Non notate una leggera disparità tra i dati che avete letto ora e le statistiche trionfalistiche che avete sentito dai famosi clinici italiani? Forse può dipendere dal lasso di tempo intercorso, in fondo questi dati risalgono al 1993, magari la situazione è notevolmente migliorata.
Vediamo allora cosa afferma Balair nel 1997 su New England Journal of Medicine, una delle più prestigiose riviste mediche a livello mondiale: “La guerra contro il cancro è lontana dall’essere vinta. L’efficacia dei nuovi trattamenti contro sulla mortalità è molto deludente”. Il Giornale – Inchiesta sul cancro n°1

Se non siete ancora convinti, o semplicemente desiderate ulteriori dati, eccone altri due. Il primo è la vasta indagine condotta per 23 anni dal Prof. Hardin B. Jones, fisiologo presso l’Università della California, e presentata nel 1975 al Congresso di Cancerologia, presso l’Università di Barkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsificate, egli prova che i cancerosi che non si sottopongono alle tre terapie canoniche sopravvivono più a lungo o almeno quanto chi riceve queste terapie. Come dimostra Jones, le malate di cancro al seno che hanno rifiutato le terapie tradizionali, mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da colore che si sono invece sottoposte alle cure complete.
Il secondo caso riguarda uno studio condotto da quattro ricercatori inglesi, pubblicato su una delle più importanti riviste mediche al mondo: The Lancet del 13/12/1975 e che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi. La vita media di quelli trattati con chemioterapia completa fu di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 220 giorni.

FONTE: Pensierolaterale.blog