Il sentimento di impotenza che si prova
quando si vede soffrire una persona che ami è straziante,
ma anche un campanello importante,
che suona con tremenda e benefica forza.
Le necessità diventano più nitide,
le priorità, quelle vere, si rafforzano,
liberandoti da un fardello inutile che credevi indispensabile.
Tentare di vivificare i nostri saperi,
“essere” filosofi e non “apparire” come un filosofo
richiede uno sforzo ed un lavoro immane, perenne.
Molto più semplice un mero nozionismo,
trasformarsi in hard disk di carne e sangue,
dove cumuli di informazioni giacciono inerti,
in attesa di essere semplicemente ripetuti al prof di turno,
con zuccherino annesso, pacca sulla spalla e lode finale.
La prova che ho dovuto affrontare è stata proprio questa:
riuscire a vivere un dramma familiare con serenità,
portare parole di conforto ai miei cari senza ipocrisia,
vedere l’alba nel mezzo di una notte senza stelle,
infondere coraggio, accettare la doppia faccia della realtà,
senza inganni o compromessi.
Il rapporto con la mia famiglia si è rinsaldato, rinnovato, è evoluto,
la mia ragazza mi è stata accanto e mi ha sostenuto, con dolcezza e forza,
quando il gap che mi divide dalla generazione dei nostri padri
mi schiacciava e rendeva le cose più difficili,
quando antiche credenze ed arcaici schemi mentali
paralizzavano la comunicazione, la scoperta,
alterando il senso della loro esistenza,
il loro rapporto con la salute e con la malattia,
stravolgendo il legame indissolubile della vita con sorella morte.
La paura del distacco rende la vita insopportabile,
la rimozione del dolore, la negazione del dolore,
ha reso irraggiungibile ai più il piacere di esistere…
E’ stato davvero incoraggiante vedere come mia madre
abbia reagito a questa sua condizione,
mettendosi in discussione,
trovando la forza per cambiare,
non il mondo, ma se stessa.
L’altra sera mi confidava di come fosse cambiato il suo rapporto
con le cose quotidiane: era finalmente cosciente
di quante cose aveva dato per scontate prima della malattia,
di quanto non comprendesse più le litigate per un posto in fila ad una cassa,
di come le sue priorità fossero improvvisamente cambiate,
di come questa malattia l’avesse aiutata a riscoprire
il valore di una passaggiata sulla spiaggia assieme alla sua famiglia,
di come il fiume di parole vomitate ogni giorno dalla televisione e dai giornali
non riuscivano più a convincerla o a sedurla come prima,
di come agli occhi di un morente tutto diventa più lucido.
L’autoindulgenza si attenua, le colpe svaniscono,
per lasciar spazio alla comprensione delle scelte fatte,
delle vie non battute per paura o per pigrizia,
dellla vita che abbiamo vissuto più o meno con coscienza.
Se qualcosa è riuscita ad insegnarmi,
ridotta ad uno spettro dalla chemio,
abbattuta falla fatigue, dalle complicazioni,
è che la vita può essere meravigliosa,
anche quando ce lo dimentichiamo.
Commoventi le sue confessioni,
la sua rinnovata e titanica forza,
la sua volontà di non ricadere in quello sbaglio che tutti noi possiamo fare:
dare per scontato il mondo, le nostre fortune,
i nostri privilegi, la nostra salute.
Spesso le parole e le nozioni anestetizzano le nostre emozioni,
ci sparano nell’iperspazio, come missili di pura ragione,
allontanandoci dal nostro corpo, come se non ci appartenesse.
Teorie più o meno valide e coerenti ci abitano,
influenzando il nostro rapporto con il mondo vivente,
trasformando il miracolo inspiegabile e quotidiano in un “semplice” giorno,
uccidendo il valore di una domanda in un’orgia di risposte.
Anche quando ci sembra di aver trovato quello schema
che mette finalmente a posto tutto, che ordina tutto,
che rende tutto comprensibile e schematizzato,
per fortuna la “realtà dura” ci schiaffeggia,
svegliandoci da questa ingenua illusione.
Partecipare al mistero non significa spiegarlo,
né rinnegare l’utilità dell’intelletto,
ma rendere ipertrofica quella parte della nostra essenza
ci rende più simili a macchine logiche-matematiche,
che a degli Uomini.
Per questo condivido con voi queste impressioni,
perchè non fate ancora parte di quella mandria robotica
che ogni mattina si sveglia dimentica del giorno prima,
ma che tutti noi possiamo facilmente diventare,
dando per scontato i nostri talenti e le nostre qualità.
Chi possiede il dono dell’intelletto ed ha affinato le sue arti
porta sulle spalle una responsabilità maggiore di chiunque altro;
la sua etica deve guidare il suo sapere, sempre,
in un cammino duplice di comprensione e rette azioni,
altrimenti il passo è breve, la metamorfosi repentina,
un altro agente smith a spasso per il mondo,
altre potenzialità gettate al vento.
Sapete bene quanto credo nelle vostre possibilità,
spero di incontrarvi presto, per punzecchiarci un pò,
come il vecchio tafano era solito fare con gli Ateniesi,
per non dormire assieme a loro,
per gioire del selvaggio dolore di essere Uomini.
Potrebbero tirarla su col culo, cosí si rifarebbero il didietro. Guariti dal “rottoinculismo”, malattia terribile e contagiosa, eviterebbero poi di ricadere nel problema.